7 agosto 2013

La malattia: una nuova comprensione si fa strada (2)

Prosegue dal post del 5 agosto


Ma prendiamo in esame altri problemi piuttosto comuni, come i tic nervosi, l’epilessia e la gibbosi.
I tic nervosi sono manifestazioni momentanee del fisico e manifestano l’impossibilità dell’anima di gestire in maniera appropriata e continuata il proprio corpo. Sono istanti d’incoscienza passeggera in cui l’individuo non sa quel che fa e perché lo fa. Naturalmente molto ci sarebbe da dire sul significato particolare da attribuire a ogni singolo gesto. Alcuni, ad esempio, scuotono la testa come per spostare la frangetta di capelli che gli cade sugli occhi. E' come se l’anima stesse tentando di svegliare la coscienza della persona scrollandogli la testa; a volte anche quando le persone si svegliano al mattino scuotono la testa allo stesso modo, per resettarsi su questo mondo “reale” uscendo da quello dei sogni. Stessa cosa dopo una seduta d’ipnosi.
Significa anche che la persona tenta di scrollarsi di dosso il brulichio dei pensieri che affollano costantemente la sua testa, e naturalmente anche dai parassiti che forse affollano il suo cervello sia a livello eterico che fisico (vedi l’esperienza di Rick Vermuyten al sottotitolo “I parassiti” nel mio libro "Io sono un'anima" *).

I tic nervosi hanno un significato simile agli stati d’incoscienza in cui cadono gli epilettici.
Chi è colpito da un attacco epilettico per qualche minuto è nella completa impossibilità di gestire il proprio corpo. Gli altri sono costretti a occuparsi di lui, forse proprio coloro da cui vorrebbe essere amato. Coloro che a loro volta devono imparare ad amare spontaneamente, a occuparsi di altri senza esserne obbligati.
Il messaggio è molto chiaro: l’epilettico è una persona che si ostina a controllare la propria vita in maniera ossessiva fin nei minimi dettagli. Non riesce a fidarsi di niente e nessuno, nemmeno di se stesso: ecco perchè spesso alcune persone controllano e ricontrollano ogni particolare della giornata, secondo un programma rigidissimo che le rende schiave: è una dipendenza vera e propria. Al di fuori dei loro schemi, lontano dal loro ambiente si sentono persi e vanno in agitazione. Si sentono al sicuro solo nel luogo dove possono svolgere i loro riti di ordine, pulizia, organizzazione della vita propria e di quella dei familiari. La loro esistenza è un inferno e vivere con loro lo è altrettanto.
L’epilettico deve arrivare a comprendere che la rigidità di cui si è lasciato impregnare non gli permette di camminare, danzare, lasciarsi andare al ritmo della vita. Se non impara ad affidarsi al fiume dell’esistenza, sapendo che lo porterà dove è meglio per lui, finirà in una bara dove, duro com’è duro un cadavere, sarà obbligato a entrare, e dove altri lo porteranno dove vogliono e senza chiedere il suo parere o permesso. La rigidità del corpo e degli arti durante l’attacco è presagio del “rigor mortis” che avrà luogo quando l’anima avrà lasciato il corpo fisico.

Stessa cosa per chi ha una gobba. Una volta, mentre mi trovavo in chiesa e m’inchinavo a dimostrazione del rispetto e dell’amore che ho per il Signore, ho avuto un’istantanea comprensione del problema che vive la persona gobba. Ha una scarsissima opinione di sé che la porta a costruire un personaggio finto, di una persona che si sente realizzata, felice e appagata. In realtà interiormente si sente un verme ma non riesce a vedere che questa è la reale considerazione che ha di sé. Si chiude in se stessa e controlla spasmodicamente tutto ciò che riguarda sé e le persone della famiglia. Tutto ruota solo intorno a sé e si arriva a livelli di egoismo, egotismo, egocentrismo inimmaginabile. La persona ha allo stesso tempo grande disprezzo e grande considerazione di sé. Diventa il proprio idolo. Pretende che gli altri ubbidiscano e la riveriscano. Col tempo il fenomeno di una leggera curvatura della spina dorsale si accentua al punto da obbligare il malato a restare in una posizione di reverenza forzata. Gli altri ricevono così i suoi inchini costanti. L’esistenza la obbliga a umiliarsi, a inchinarsi di fronte alle altre creature, figlie di Dio; il Signore le dice: Adorami!

Questo è il modo in cui agisce l’esistenza. Abbiamo due possibilità: o capiamo le cose con le “buone”, oppure con le “cattive”.
Le buone sono le indicazioni paterne e amorevoli che troviamo sotto la guida di Dio; le cattive sono un infarto o essere investiti da una motocicletta.
Naturalmente prima di arrivare alle indicazioni estreme esiste tutto un percorso di quotidiani avvertimenti, in costante crescita fino a quando l’esistenza non ottiene il risultato sperato: la scoperta di essere un’anima, il nostro risveglio, la scoperta del nostro vero se stesso e di Dio.


So che la formazione pseudo-scientifica di cui sono impregnate le vostre menti vi porta a considerare le spiegazioni che sto fornendo come affermazioni piuttosto deliranti, ma ciò che dico è semplicemente ciò che vedo e che sperimento ogni giorno.
Credo che questa sia una delle più importanti e rivoluzionarie scoperte che abbia fatto nella vita: rendermi conto che posso e devo usare il mio corpo per rendere gloria al suo fattore!
Quindi, ogni volta che mi sento male, la prima cosa da fare è chiedermi se per caso non stia usando quella parte del mio corpo, che è in realtà di Dio, in una maniera impropria.
Sono fisicamente dotato di doni meravigliosi, come le mie mani, le mie gambe, la mente, gli occhi, le orecchie, la voce, e tanto altro ancora. Chi mi autorizza a usare questi doni solo per farmi gli affari miei? Quanto dolore ancora devo sopportare prima di capire che è necessario allinearmi al percorso evolutivo del pianeta in cui vivo? Certo, posso decidere di percorrere la strada più lunga, ma tanto è nella direzione giusta che devo andare, e prima o poi sarà meglio per me che mi adegui con gioia a questa legge che esiste solo per il mio beneficio. 

Enrico D'Errico