24 agosto 2013

L'uomo è un essere che ha fame

continua dal post "Ho fame di Dio 2"

Tutta la Bibbia ci presenta l'uomo come creatura affamata. Il mondo intero è il suo cibo, e il suo corpo è fatto della stessa sostanza del mondo. Dio gli offre l'universo come mensa di un banchetto universale (Genesi 1:29). Vivere, in un certo senso, non è niente altro che mangiare! Gesù stesso paragonò il suo Regno a un pranzo di nozze: "Possiate voi mangiare e bere alla mia mensa" (Luca 22:30) e fu alle nozze di Cana che manifestò per la prima volta la sua gloria proprio nell'atto del bere e del mangiare!



Noi mangiamo anzitutto con la bocca...certamente, ma anche con gli occhi, le orecchie, le narici, le mani..... non c'è un solo istante lungo il corso della giornata in cui non siamo in uno stato di ricettività.
Anche durante la notte...il sonno è nutrimento!
E infine noi ci nutriamo anche attraverso la respirazione. Se è vero che per un certo tempo possiamo sospendere ogni forma di nutrimento solido o liquido, tuttavia non ci è possibile smettere di respirare: si tratta di vita o di morte!

Perché Dio ci ha creati in questo modo? Cosa significa questa fame che tormenta l'uomo fin dalla nascita?

Significa che in realtà l'uomo ha fame di Dio.
I nostri molti desideri contengono in fondo l'unico desiderio insoddisfatto: il desiderio di Dio. E il nostro cuore non avrà pace fino a che non lo avrà trovato, dice Sant'Agostino. Dietro tutti i languori della nostra esistenza si nasconde il desiderio di Dio...
Diventare consapevoli della presenza di Dio in tutto e in tutti e imparare a gustarlo nei doni della creazione, significa anche diventare sacerdoti di questa mensa che è l'universo: la nostra vita deve diventare un sacrificio eucaristico, cioè un atto di offerta e di ringraziamento per il nutrimento che ogni giorno Dio ci somministra.

La gola è la perversione tragica di questa grandiosa prospettiva. Anziché atto di offerta, di ringraziamento, di condivisione, il nutrirsi diventa puro consumo, atto aggressivo di avidità e di sopraffazione.

Il goloso non gusta il cibo, lo trangugia voracemente, e non è capace di apprezzare e di gioire neppure degli altri doni.
Martin Buber scrive: "L'atto del mangiare è sacro. Se si impara a mangiare con gratitudine, si liberano anche in questo atto le scintille della divina presenza, della Shekinah, che si trovano nel nutrimento.
Si apprende la sacralità di quest'atto atraverso tre gesti fondamentali che ci relazionano nuovamente a Cristo "pane di vita disceso dal cielo": 


  1. La Preghiera di Gesù, masticata e ruminata, come un'autentica manducazione della parola di Dio.
  2. L'Eucaristia, poiché "chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna" (Giovanni 6:54) e può così riconoscere in ogni cibo il sacramento della sua presenza;
  3. Il digiuno, grazie al quale ci viene rivelato in modo mirabile che il mistero della nostra insaziabile fame è fame di Dio: con il digiuno rispondiamo in modo "alternativo" ai bisogni della carne, purificandoci dai veleni presenti nel corpo e rendendoci più permeabili e trasparenti all'irraggiamento di colui che abita in noi...."Che ogni desiderio sia messo a tacere e il re della gloria entrerà". *

Enrico D'Errico



* Nel rito bizantino, canto di offertorio della liturgia vespertina del sabato santo.